Pasqua – 2014

La celebrazione della Veglia Pasquale, nonostante sia la più importante dell’anno, non è però molto popolare. Lunghi secoli di scarsa considerazione hanno fatto sì che solo a poco a poco la comunità cristiana stia comprendendo la centralità di questa Notte.

Si tratta di creare ambiente e tradizione. E la migliore pedagogia è una buona celebrazione della Veglia con quei cristiani che vi partecipano – pochi, in confronto con altre celebrazioni della Settimana Santa -. È il momento di fare uno sforzo pastorale, perché, mettendo in risalto gli aspetti principali, e non i più folclorici, tutti comprendano il profondissimo significato di questa Notte.

Inoltre, durante la Quaresima, andrebbero fatti costanti riferimenti a questa Veglia: ai suoi contenuti sacramentali (Battesimo, Confermazione, Eucaristia); alla sua visione della Storia della Salvezza; al gioioso annuncio della Pasqua del Signore; al dovere di una nostra partecipazione impegnata ad essa. Se, durante il cammino quaresimale, i cristiani acquisiscono questa mentalità è più facile che si sentano stimolati a partecipare a questa celebrazione.

“Secondo un’antichissima tradizione, questa è una notte di veglia in onore del Signore (Es. 12,42). I fedeli, come raccomanda il vangelo (Lc 12,35-36), devono assomigliare ai servi che, con le lampade accese, aspettano il ritorno del loro Signore, perché quando arriva li trovi vigilanti e li inviti a sedersi a tavola” (Messale).

Nella nostra Parrocchia, fortunatamente, la presenza dei fedeli alla veglia pasquale è molto sentita e tantissimi sono i parrocchiani che partecipano alla liturgia.
Tutto ha inizio con la liturgia del “Lucernario”. I fedeli ed il clero escono dalla chiesa, lasciata completamente al buio, senza luci né candele accese, dal Venerdì santo. Una volta fuori dalla chiesa, i concelebranti raggiungono un braciere precedentemente preparato, e dopo un breve saluto iniziale (senza il Segno della Croce) il celebrante benedice il fuoco. Quindi prende delle braci e le mette nel turibolo e accende, da quella fiamma, il Cero pasquale; benedice poi il cero pasquale, tracciandovi una croce, le lettere greche Alfa e Omega e le cifre dell’anno; prende cinque grani di incenso e li conficca alle quattro estremità e al centro della croce disegnata, a simboleggiare le cinque piaghe gloriose di Cristo, delle mani, dei piedi e del costato.

Quindi il diacono, portando il cero pasquale, comincia la processione che entrerà in chiesa, intonando per la prima volta “Lumen Christi” (La luce di Cristo), e il popolo risponde “Deo Gratias” (Rendiamo grazie a Dio). Dietro il cero pasquale si riforma la processione iniziale, e si accodano anche i fedeli; sulla porta il diacono intona di nuovo “Lumen Christi”, e tutti i presenti accendono una candela; arrivati al presbiterio il diacono intona per la terza volta “Lumen Christi” e si accendono le luci della chiesa, tranne le candele dell’altare.

Quindi viene riposto e incensato il cero pasquale e il libro, dal quale un diacono, o un cantore, intona l’Exultet (Preconio Pasquale) o annuncio pasquale. Terminato l’annuncio tutti spengono le candele, ed inizia la liturgia della Parola, introdotta dal celebrante.

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